Landing Page e tasso di conversione – Facciamo un po’ di chiarezza :)

Lo leggi in solo 10 minuti

Di cosa parliamo qui?

In questo articolo parlerò di tasso di conversione di una pagina web e su quale sia la sua corretta definizione e soprattutto il suo ruolo all’interno di una strategia di marketing. 

Il Tasso di Conversione è solo un piccolo puzzle di un disegno più grande che ti consente, se lo inserisci nel punto giusto della figura, di avere una visione chiara sulla direzione che prenderà il tuo business.

Mi capita spesso, sia durante i corsi che mentre sono in videoconferenza con i clienti, di parlare di tasso di conversione e di quanto dovrebbe idealmente rendere una pagina web, una landing page o un e-commerce.

“Quanto è la media nel mio mercato? Quanto potrà convertire la mia pagina?” Non ci crederai, ma è una domanda tra le più frequenti.

Premesso che dobbiamo sempre considerare le famose tre variabili della legge del tatami (qui trovi la spiegazione) credo sia fondamentale fare un po’ di chiarezza sul tasso di conversione, su quale sia la sua corretta definizione e soprattutto sul suo ruolo all’interno di una strategia di marketing.

Ma cos’è il Tasso di Conversione (TC)?

Il Tasso di Conversione, o Conversion Rate (CR), è la percentuale di utenti del sito che ha eseguito l'azione per cui la pagina web è stata progettata.

Esempio: 20 persone nell’ultimo mese hanno scaricato il tuo ebook dalla tua squeeze page? Hai avuto in tutto 400 visitatori unici? Bene, il tuo tasso di conversione è del 5%.

Già partendo da questa semplice definizione, possiamo facilmente dedurre che non tutte le conversioni hanno lo stesso valore, ottenere commenti, interazioni e share in un post informativo ha un valore differente rispetto ad ottenere il download di un ebook gratuito in cambio di una mail. 

Ottenere vendite o richieste di preventivo ha un valore ancora maggiore.


Anche all’interno di una stessa offerta, un ebook può essere più o meno appetibile in funzione della sua capacità di intercettare e soddisfare l’intento di ricerca di chi è atterrato sulla squeeze page.

Possiamo dire che, se vogliamo ottenere più conversioni, al crescere dell’impegno e dell’esposizione verso di noi da parte dell’utente dovrà corrispondere una maggiore motivazione ed una più spiccata abilità nel persuaderlo.

Nello speech per il WMF del 2015 spiegavo come, secondo me, sia utile immaginare il processo di conversione rovesciato, come una ripida montagna da scalare, sulla cui cima l’utente potrà trovare la soluzione al suo problema o la soddisfazione di un suo bisogno.

Tanto più l’utente sarà motivato a raggiungere la meta, tanto più sarà probabile che accetterà la nostra offerta.

In questo scenario la User Experience ha il compito di farlo sentire a proprio agio, riducendo gli ostacoli che lo separano dalla conversione.

Nello speech parlavo di come è possibile migliorare le conversioni di un sito web
lavorando sulla UX e riducendo gli ostacoli che l’utente trova nel suo percorso.

Nel web marketing tradizionale la conversione viene invece rappresentata in modo totalmente opposto, come un imbuto in cui gli utenti provenienti dalle varie fonti di traffico confluiscono per poi, quasi per gravità, scendere verso il basso, avvicinandosi sempre di più al nostro obiettivo.

Dopo aver sviluppato più di un centinaio di progetti in settori completamente differenti tra loro posso dirti che una situazione di questo tipo – purché possibile – è abbastanza rara.

Bene, definito che ogni offerta ha differenti barriere d’entrata, possiamo ora dividere questi elementi bloccanti in due categorie:

  • fattori di cui possiamo avere il controllo
    (ad esempio il nostro prezzo)
  • fattori di cui non possiamo avere il controllo
    (ad esempio la presenza di domanda espressa)

Nel marketing, questi elementi vengono ben rappresentati nella famosa matrice swot che evidenzia i nostri punti di forza e di debolezza (fattori interni, di cui abbiamo il controllo) e le opportunità/minacce del mercato (fattori esterni, di cui non abbiamo controllo).

È questo il motivo principale per cui un consulente sarà più cauto nelle sue “promesse di risultato” rispetto a chi vende formazione e ti abbandona al termine del corso: dopo un primo briefing è molto difficile avere un quadro chiaro del mercato e delle variabili che possono concorrere al successo o all’insuccesso del tuo progetto.

In genere quello che si fa con il cliente è definire una strategia il più possibile sicura, diretta e senza sprechi di denaro per raggiungere la meta… ma è un viaggio che si fa insieme, trovando via via le soluzioni ai diversi problemi che incontreremo nel nostro cammino.

Il mio lavoro, ad esempio, non consiste solo nel creare la Landing Page Efficace ma, piuttosto, nel capire come generare i risultati attesi qualora i contatti generati fossero minori di quanto previsto.

La fase di verifica e correzione è così importante che sulle best practice ho addirittura scritto un libro di 300 pagine che spiega ogni passo del mio metodo.

Pensaci, se fosse tutto li non avrebbe avuto molto senso rivelare tutti i miei segreti.

Creare una landing page efficace è solo l’inizio e ha come obiettivo quello di creare uno strumento di vendita in grado di sostenere i costi pubblicitari portando un ritorno sull’investimento attivo.

Dopo la fase1 passo con i miei clienti ad una fase2 che prevede altre attività come la riduzione del costo di acquisizione e l’aumento del valore medio di ogni cliente.

POI CI SONO GLI OUTSIDER.

In un esperimento famoso Bencivenga e Rosenthal scommettevano su un aumento del roi del 10% rispetto alle campagne precedenti offrendosi addirittura di rimborsare tutti i costi pubblicitari sostenuti se non avessero vinto la scommessa.

Tecniche di questo tipo, senz’altro utili a chi le propone, si rivelano per chi si occupa di vendita sul web come quello che sono in realtà: abili illusioni.

Il loro obiettivo reale non è quello di provare l’efficacia del metodo offrendo una garanzia ma, piuttosto, quello di creare un eccesso di domanda tra cui selezionare le aziende più “adatte”.

Quali sono queste aziende?
Semplice, il target ideale di un’offerta di questo tipo potrebbe essere:

  1. Chi non avrà la possibilità di controllare l’aumento RELATIVO del roi (perché ad esempio non tracciava correttamente i risultati precedenti), oppure,

     

  2. Chi ha un business già avviato e molto competitivo che però non viene comunicato in modo adeguato (leggi: clienti facili da portare a roi)

Ma torniamo al nostro tasso di conversione e alla sua definizione. Peep Laja, uno dei più famosi esperti di conversioni al mondo, è solito dire che:

Il tasso di conversione giusto?
È quello più alto del tuo.

Che simpaticone, ma sarà vero? Secondo me no ma, per quanto non mi trovi d’accordo, questa dichiarazione evidenzia alcune cose importanti che possiamo apprendere:

  1. Il tasso di conversione attuale ha senso solo in relazione al tasso di conversione precedente (e quindi ha poco senso cercare e fare riferimento ad un tasso di conversione standard per un mercato).
  2. Il tasso di conversione ha un valore solo nell’ottica in cui ne vengono misurate le variazioni temporali, in genere mediante ab test.

Bisogna fare ab test. La solita risposta.
Ma è possibile per ogni mercato fare ab test?

No, non se hai un business specializzato che si rivolge ad una nicchia di mercato con un prezzo premium. Non se sei una pmi italiana, nella maggior parte dei casi.

Probabilmente – se sei bravo con il pcc – riuscirai a segmentare il traffico molto bene riducendo il numero di click ed aumentandone la qualità: questo però si scontra con la significatività statistica dei test che, in mercati di nicchia come quello italiano, raramente possono essere così validati.

Ho eseguito diversi ab test sulle mie landing page prima di capire che se non ti rivolgi al grande pubblico con un bene distribuito tramite GDO raramente un ab test ti servirà.

Il contesto in cui operi è determinante.

Contesto. Se Google capisse veramente il tema di questo post dovrebbe indicizzarmi per questa parola e non per Tasso di Conversione 🙂

Nonostante i buoni spunti, la definizione di Laja ha però diversi problemi perché non tiene conto di alcune considerazioni importanti che, chi va a fondo nelle cose, non si può risparmiare.

La prima di queste considerazioni ci viene offerta da Rossella Cenini, esperta in Adwords e CRO professionista. Rosserva ci aiuta a comprendere quale possa essere il tasso di conversione ideale in un ecommerce.

"L'obiettivo della cro in un ecommerce non è quello di aumentare il tasso di conversione ma piuttosto quello di aumentare i guadagni per il cliente."

Rileggi questa frase, e pensaci attentamente.
Vendere di più significa sempre guadagnare di più? NI.

In un ecommerce ci possono essere prodotti ad alta marginalità e altri appena sopra il pareggio oppure, in alcuni casi, addirittura in perdita.

Il compito di un bravo tecnico che si dedica ad ottimizzare le conversioni è quindi quello di guidare gli utenti verso l’acquisto dei prodotti con più alta marginalità.

Prova a pensarci: considerare solo il tasso di conversione come metrica di efficacia di un e-commerce non ha molto senso: ridurre tutti i prezzi del 50% aumenterebbe le vendite, ma non certo i guadagni.

Partendo da questa osservazione vorrei fare un ulteriore passo avanti tornando a parlare di Landing Page. In una landing page non abbiamo molti prodotti, ma una singola offerta a cui si spera resti attaccato un margine considerevole: è quindi vero che un tasso di conversione alto è migliore di uno basso?

No, neanche in questo caso. Non sempre, almeno.

In genere – come spiego bene nel libro – il primo obiettivo di una landing page è portare il maggior numero di conversioni assicurandoci che i costi di pubblicità siano sostenuti dal guadagno che il nostro cliente trae dalle vendite realizzate.

Il fatto che questo sia il suo primo obiettivo, però, non significa che sia l’unico: dopo che siamo riusciti a definire una linea base, iniziamo a lavorare sulla qualità delle conversioni cercando di filtrare fuori gli utenti meno interessanti per ottimizzare le nostre risorse.

Una modifica può fare grandi differenze:
Togliendo l’indicazione del costo del servizio in Landing Page Efficace potrei incrementare le conversioni di un buon 50-60%, ma con che risultati?
Probabilmente finirei con il trascorrere tutto il giorno in linea con potenziali clienti dei quali però molti non acquisterebbero per motivi di budget.

Probabilmente finirei con il pensare che in trattativa non sono così bravo come credo quando la verità è che sono le persone che non sono state correttamente filtrate.

Il tasso di conversione, quindi, deve essere SOTTOMESSO alla qualità del lead che vogliamo ricevere e anche alla possibilità di soddisfare – oltre le aspettative attese – le promesse che facciamo in fase di vendita.

Spoiler: lead di alta qualità non significa ricevere contatti pronti ad acquistare senza fare nulla ma semplicemente filtrare con il setaccio solo le pepite che valgono la pena di essere raccolte, lasciando la sabbia nel fiume. 

Dobbiamo sempre ricordarci che sul web, oggi, la maggior parte delle vendite passa da un contatto umano (ad esempio negli ecommerce) e che i lead per poter essere trasformati in clienti devono essere chiamati immediatamente, entro al massimo 5-15 minuti (ho scritto un intero articolo a riguardo).

Se devi chiamare i tuoi contatti 2-3 giorni dopo puoi anche lasciar perdere. Probabilmente sarai visto come un venditore e non più come qualcuno che sta rispondendo ad una chiamata a caduta.

Parlando di qualità dei lead potrebbe esserti sfuggita però la seconda parte della mia frase: Il tasso di conversione deve essere SOTTOMESSO alla possibilità di soddisfare – oltre le aspettative – le promesse che abbiamo fatto in fase di vendita.

Se in questo momento ti chiedessi
“qual è il miglior venditore del mondo?”
Cosa mi risponderesti?

Un imprenditore superficiale o con poca esperienza mi direbbe convinto:
“Ovviamente il venditore che riesce a vendere ghiaccio agli esquimesi!”

Sbagliato.

Ho lavorato nell’ufficio marketing di una compagnia assicurativa per oltre 6 anni e posso garantirti che il miglior venditore non è quello che vende di più ma quello che vende di più senza causare i problemi all’assistenza alla clientela.

O magari all’ufficio legale.

Fare pubblicità non è uno scherzo e lo sa bene un noto prodotto per dimagrire che prometteva nelle sue prime pubblicità di farti dimagrire di notte, mentre dormivi, senza alcuna fatica.

Grandi risultati in termini di vendite ma poi?
Probabilmente avrai fatto caso che spesso le parole dette negli spot cambiano leggermente nel tempo, quasi come se ci fosse una maestra sempre attenta a correggere chi le ha scritte.

Ma il lavoro di questa “maestra”, che nel caso della pubblicità si chiama AGCOM non è gratuito: per il prodotto dimagrante le sanzioni racchiuse in questa ordinanza raggiungono quasi il mezzo milione di Euro.

Forse sarebbe meglio dire che il prodotto non è così miracoloso e che oltre al suo utilizzo è fortemente consigliato – se si vogliono ottenere risultati – un regime alimentare ipocalorico e una buona dose di esercizio fisico.

Ma il tasso di conversione?
Evidentemente, anche in questo caso, non può essere un elemento da prendere in considerazione isolandolo dal contesto.

Il problema dei venditori e delle offerte troppo push.

Poniamo il fatto che per la promozione del prossimo corso dedicato alla creazione di landing page efficaci decidessi di prendere un venditore.
Il suo lavoro è acquisire clienti tra gli imprenditori, il target ideale del mio corso.

Il contratto è chiaro: più vende, più guadagna.
Ma qual è il limite delle cose che può promettere ai miei potenziali clienti?
Fino a quale livello di manipolazione può spingersi per vendere?

Bene, vedo che cominci a capire.

Sappiamo che – incontrando persone potenzialmente interessate – il tasso di conversione è dato dalle promesse e dal modo in cui queste rispecchiano i desideri del target e sono supportate da elementi di autorità…

…Ma poi? Cosa succede DOPO la vendita?

Se conosci il mio metodo sai bene che l’unico modo di prosperare nel lungo periodo, per una azienda, è quello di pensare in modo strategico scegliendo “la via lenta ma sostenibile per crescere”, lavorando per creare relazioni in cui i propri clienti sono soddisfatti e felici di far parte dell’equazione:

Soldi x Soluzione

MA cosa succede quando il mio venditore ti assicura che sarai in grado di vendere qualsiasi cosa, o che sfruttando il mio metodo riuscirai a fatturare dalla spiaggia, senza fare alcuna fatica?

Creare clienti in modo automatico, creando un business che non ha bisogno di te e ti rende ricco impegnando – ma sulle attività giuste – solo 4 ore alla settimana.

Che figata di promessa, peccato che la realtà sia diversa, specialmente se vendi consulenza (o un servizio) e non formazione. Con la formazione potrebbe essere anche semplice: se riesci è merito del mio metodo, se non riesci è perché hai sbagliato qualcosa e magari devi comprare il corso successivo.

Con un venditore push probabilmente le mie vendite aumenterebbero come le mie entrate in banca ma la mia reputazione sociale ne risentirebbe sempre di più nel tempo.

Ma la mia reputazione è un problema per il venditore?

Direi di no, essendo pagato a provvigioni quando avrà bruciato il brand potrà spostarsi e utilizzare le stesse tecniche con qualcun altro (magari mostrando i dati di incremento di fatturato che ora causano al suo vecchio datore di lavoro problemi di reputazione e perfino legali).

Si Luca, ok, ma qui stiamo parlando di landing page, non di venditori sul territorio! Attenzione, è proprio questo il punto: oggi tramite l’affiliate marketing è possibile diventare dei venditori di prodotti creando semplici landing page.

Ma cosa succede se la landing page che crei ha un alto tasso di conversione perché le promesse, le foto e i testimonial che utilizza sono falsi?

Come avrai capito, il tasso di conversione è una metrica importante ma non è tutto e deve essere valutata nel suo contesto. Pensaci bene, anche una semplice spia della riserva di benzina in auto sarebbe poco utile fuori da un contesto cittadino e inserita – magari – in un’isola come Fuerteventura dove c’è un distributore ogni 50km.

Il contesto è importante, non esistono conclusioni veloci.

Ha quindi senso parlare di numeri? Di tasso di conversione relativo? Di tasso di conversione assoluto? Probabilmente no.

Probabilmente l’unica cosa a cui devi ambire è quella di creare un ecosistema di offerte progressive e di servizi che ti consentono di avvicinare gli utenti, soddisfarli oltre le loro aspettative e – solo in seguito – vendere nuovamente.

Purtroppo non è la cosa più facile da vendere, ma è sicuramente la cosa più giusta per il bene del tuo business nel lungo periodo… te lo dice un matto che lavora sul tasso di conversione delle PMI, tutti i giorni, da più di cinque anni.

Ah, dimenticavo! Qual è il giusto tasso di conversione?

Non esiste un giusto "Tasso di Conversione".

Il Tasso di Conversione è solo un piccolo puzzle di un disegno più grande che ti consente, se lo inserisci nel punto giusto della figura, di avere una visione chiara sulla direzione che prenderà il tuo business.

Spero di averti chiarito le idee e ti ricordo che periodicamente tengo un corso intensivo che ti permetterà di creare una strategia di comunicazione vincente e di costruire una Landing Page Efficace.

Se il post ti è piaciuto condividilo, c’è molta disinformazione e penso che i tuoi contatti te ne saranno davvero grati; se invece hai qualche domanda scrivila pure nei commenti, ne discuteremo insieme e cercherò di essere il più chiaro possibile, come sempre.

CONTESTO DI VALIDITÀ

Sono un marketer specializzato in acquisizione clienti online nel mercato italiano. Ho oltre 18.000 ore di esperienza specifica e lavoro solo per Liberi Professionisti, PMI o Micro Imprese.

Quello che leggi in questo blog è frutto di esperienza diretta e trova la sua piena validità nel contesto in cui opero: parlo di cosa funziona per aziende come la tua, non per multinazionali o startup che si trovano in USA.

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